Stili di minimalismo - Stile 4: Ode all'imperfezione




Dopo aver presentato l'interpretazione del minimalismo di altri (minimalismo e mobilità, minimalismo e natura, il minimalismo è un atteggiamento mentale), sono felice di inserire anche la mia.
Si tratta di un post piuttosto lungo (Instapaper!), speriamo non noioso!

Il minimalismo è il mio stile. 
Lo era da prima che scoprissi che si chiama così, da prima che trovassi i blog che ne parlano.
Ho scelto uno stile minimalista da quando ho sentito di voler cambiare vita: ho cercato un modo per farlo, senza nomi o cartellini, ed ho scoperto di voler puntare all'essenza, al significato, a ciò di cui mi importa invece che a ciò di cui mi dovrebbe importare.
Sono minimalista, ne sono convinta.
Tuttavia, spesso mi capita di interrogarmi su questo "mio" minimalismo.
Perchè mi sembra che sotto l'etichetta ci siano aspetti che non combaciano, quesiti irrisolti che non se ne vanno, rumori e scricchiolii di fondo che non sembrano in armonia con il modo di vivere che ho scelto.


Il "coraggio" di lasciare tutto?
A volte mi chiedo se il minimalismo non sia invece una scelta di paura.
C'è qualcosa di rassicurante nel non posserede nulla, non avere un luogo fisso in cui abitare, non avere legami vincolanti. Ti fa sentire indipendente, libero, leggero.
Ti fa sentire quasi invulnerabile.
Se non sei legato a niente non rischi di perdere nulla, poche cose possono ferirti davvero.
L'assenza di legami materiali e l'accumulo compulsivo sono due opposti, ma non accade spesso che gli opposti coincidano? Eliminare tutto non rischia di diventare una forma di autoprotezione, autocompiacimento ed autoillusione come il circondarsi di oggetti?

La chiarezza di pensiero è la strada per il successo?
Si, è vero: avere molti interessi/pensieri/idee e saperli organizzare porta ad ottimizzare il proprio tempo e le proprie energie, e quindi ad essere più produttivi con meno fatica.
Bello e buono, ma tutto questo, come in un esperimento ideale, funziona in ambiente asettico, nel vuoto assoluto. Quando ci sono le emozioni in gioco invece, i pensieri si intrecciano e dell'ottimizzazione se ne fregano. E più le emozioni sono forti, meno si fanno comandare.
Siamo dotati di sentimenti, non sempre positivi e non sempre costruttivi: rinnegarli o fare finta non sia così è una repressione. La chiarezza, a volte, semplicemente non è possibile: troppe emozioni.

Semplificare, semplificare, semplificare?
Ma la vita non è semplice, quasi mai. Ci sono persone, impegni, necessità, richieste. Puoi eliminare quelle inutili, puoi sfoltire l'agenda, puoi fare downshifting, decluttering e tutto il resto(ing)... ma la vita resta un casino.
Non puoi (non vuoi!) eliminare gli affetti e le amicizie, e dunque ci sarà sempre qualcuno che non fai in tempo a vedere e qualcun altro che devi correre per incontrare, qualche telefonata a cui non riesci a dedicare il tempo e la calma che meriterebbe e qualche conversazione che non puoi, semplicemente non puoi, interrompere anche se vorresti.
L'entropia di un universo vivente può essere ridotta, ma non invertita.

Quindi? Significa che il minimalismo è una moda senza fondamento? Che ho sbagliato a crederlo "mio" o che, semplicemente, per me non funziona?
No.
Significa soltanto che il minimalismo non è un dogma.
Significa che non esiste il minimalista perfetto, ma solo tanti minimalisti umani e fallaci. Che la vita non è una pasta inerte da modellare a piacimento senza interferenze, ma piuttosto un fiume in piena su cui navigare con più piacere possibile, cercando di schivare le rocce.
Uno stile di pensiero è qualcosa che abbiamo dentro e si riflette all'esterno in quello che facciamo, non viceversa. La complessità, a volte, ci sa insegnare più dell'ordine e dell'organizzazione se sappiamo ascoltarla e far tesoro di quel che viviamo. Un minimalista è una persona viva e piena di sensazioni come gli altri, che prima di essere un esempio di produttività e massimizzazione è un'anima nata per sentire ed emozionarsi.
Non potranno mai combaciare tutti gli aspetti, i quesiti che hanno avuto risposta ne genereranno sempre altri a cui non sappiamo rispondere, non raggiungeremo mai la perfezione se non in teoria.

Il mio stile di minimalismo è un'ode all'imperfezione.
Perchè solo ciò che è imperfetto ha la possibilità di evolversi, e solo ciò che si evolve lascia la sua traccia in ciò che attraversa, scambia la sua energia, regala e riceve vita da chi incontra.
Il mio minimalismo non ha sale bianche senza mobili, non mi permette di infilare tutti i miei averi in uno zaino, non mi consentirebbe di abbandonare il lavoro in ufficio e vivere viaggiando per il mondo. Il mio minimalismo è un'approssimazione, un limite che non si raggiunge, qualcosa che esiste dentro di me, sfugge alle definizioni e con me si adatta alla vita, cercando l'essenza in ogni forma e l'equilibrio tra ogni estremo.
E gli scricchiolii di fondo che sento, quando mi faccio le mie mille domande, sono i continui assestamenti del pensiero al cambiare ininterrotto del mondo.
Se ci sono, vuol dire che qualcosa si muove, cambia, cresce.

Se non tutto è perfetto, significa che sono viva.

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