App Inventor e la programmazione minimalista

Qualche settimana fa, quando ho letto di App Inventor, subito l'idea è riuscita ad incuriosirmi: uno strumento che permette la realizzazione di applicazioni senza scrivere codice non poteva che attirarmi. Infatti programmare mi piace, certo, ma non sono tra gli appassionati del codice: per me la programmazione è un mezzo, non un'arte fine a se stessa, dunque se i passaggi necessari a mettere su uno schermo un'idea possono essere abbreviati, semplificati e addirittura resi accessibili anche a chi non è un programmatore... beh, tanto meglio! Ho compilato il modulo di iscrizione al test di App Inventor ed ho aspettato l'invito di Google.
E finalmente ieri è arrivato!
La fase di configurazione di telefono e computer non è stata affatto complicata ed ho potuto, nel giro di dieci minuti, iniziare a guardarmi intorno nel nuovo ambiente di sviluppo.
La prima cosa a colpirmi è la semplicità. Informazioni presentate in modo grafico, aggiornamenti in tempo reale del display, modifiche facilmente apportabili. Bello. Passo oltre e provo a sondare la duttilità e la versatilità dei componenti, scoprendo che nonostante l'approccio intuitivo, la libertà di programmazione non ha subito grossi danni.
Accanto all'ambiente di sviluppo vero e proprio, ci sono inoltre tutorial di vario genere per imparare a creare più o meno qualsiasi tipo di applicazione, esplicativi e immediati. In conclusione, come per molte altre creazioni Google, anche per App Inventor la mia prima impressione è di un prodotto ottimamente riuscito.

E al di là dell'aspetto tecnico, ci ritrovo del minimalismo, in questo App Inventor.
Innanzitutto l'eliminazione del "superfluo", il codice, permette un passaggio diretto dall'idea all'applicazione, che non necessita di una lunga e difficoltosa traduzione in linguaggio tecnico, ma che può prendere forma agilmente e in breve tempo. L'abbattimento dell'ostacolo relativo al codice equivale all'invenzione di un traduttore che può far comunicare direttamente l'individuo con la macchina, utilizzando schemi e logiche comuni, che non solo un computer, ma anche un umano può comprendere e riconoscere. Grazie ad App Inventor, l'espressione di un'idea dovrà attraversare una fase in meno, la codifica, e divenire dunque più diretta, avvicinandosi davvero a quello stato utopistico dove il limite è la sola fantasia.
Oltre a questo, come i tutorial ci mostrano fin dalla prima pagina, con App Inventor si costruisce l'applicazione globale assemblando una a una piccole unità, concentrandosi su un pezzettino alla volta. L'idea globale dell'applicazione che si vuole costruire va tenuta a mente, ma la sua realizzazione si compie attraverso piccoli step, posizionando un mattone dopo l'altro per crearne sia l'interfaccia che la logica di funzionamento. Così come si vive il minimalismo un gesto alla volta, le nostre creazioni qui prendono forma un dettaglio dopo l'altro, richiedendoci di concentrarci su un problema alla volta, focalizzando, respirando.
Infine, altro aspetto ai miei occhi nuovo, l'utilizzo quasi completo del web per lo sviluppo. Sulla macchina locale viene infatti installato poco, pochissimo: l'ambiente di programmazione è totalmente fruibile on-line, dalla finestra del browser; i sorgenti delle applicazioni stesse non sono scaricati ma tenuti in un repository remoto. Solo l'indispensabile è disponibile offline, non si possiede nulla più del necessario.

Di certo nel prossimo periodo il web sarà inondato di articoli e report che racconteranno ogni minimo dettaglio di App Inventor; ne considereranno l'impatto sul market e sui mercati, ne valuteranno il livello medio di creazioni da parte del grande pubblico, ne prevederanno gli sviluppi. Per ora però, quello che ha colpito me, è il nuovo modo di programmare che Google offre ai suoi utenti, sfatando in modo definitivo l'inaccessibilità dello sviluppo e la sua limitazione a un pubblico di specialisti. Con App Inventor, intorno ad Android si viene a creare una community di sviluppatori non più elitaria, ma globale, l'accesso alla quale non sarà più una lontana meta per pochi. I prodotti che nasceranno da questo nuovo strumento saranno gli unici che sul lungo periodo sapranno dire davvero se la facilità di realizzazione abbia favorito o intralciato lo sviluppo di Android; per il momento si può solo osservare e sperimentare, lasciando spazio alle idee. Ciò che fin d'ora si può dire per certo invece, è che ancora una volta un paradigma minimalista è stato scelto per essere alla base di una distribuzione di ampio respiro, indirizzata ad una consistente fetta di pubblico ed adattabile a molti background e contesti diversi. Avevo già commentato la fortuna di una scelta simile in passato, prendendo ad esempio il Tetris (28 Settembre 2010 - Tetris: un caso di successo per le applicazioni minimaliste): vedremo se anche in questo caso il successo ne confermerà l'efficacia.

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